Lo abbiamo detto in passato, lo ripetiamo ora. Era il film più atteso in questa edizione numero 73 del Festival di Venezia e non ha deluso le aspettative: «Jackie» di Pablo Larraín è stato accolto da lunghi e scroscianti applausi al termine della proiezione stampa e si colloca di diritto tra i favoriti per la vittoria del premio più ambito della Mostra, il Leone d’oro.
L’irriverente biopic su Jackie Kennedy si concentra sui giorni che sono trascorsi tra la morte del marito John Fitzgerald e il suo funerale.
Nello stesso anno di «Neruda», altro bellissimo film che è stato presentato all’ultimo Festival di Cannes, Larraín racconta con il suo stile inconfondibile un’altra icona del secolo scorso: le immagini si uniscono magnificamente alle musiche, i dialoghi sono scritti con grande cura e la narrazione segue traiettorie sempre originali e mai scontate.
Malgrado l’assassinio di Kennedy sia stato più volte portato sul grande schermo, sentirlo descrivere dalle parole del personaggio di Jackie (interpretato da una straordinaria Natalie Portman) non può che emozionare e coinvolgere.
Pablo Larraín, pertanto, si conferma uno dei più importanti autori in attività, capace come pochi altri di sorprendere e reinventarsi di pellicola in pellicola, dotato di una grande maestria tecnica e di una sensibilità drammaturgica davvero rara e fuori dal comune. Potrebbe essere in lizza per i prossimi premi Oscar, ma prima punta al palmarès veneziano che verrà assegnato sabato sera.
Decisamente meno significativo, purtroppo, è il nuovo film di Terrence Malick, «Voyage of Time». È un documentario sulla genesi dell’universo e sullo scorrere del tempo, una sorta di sinfonia visiva con immagini che toccano il nostro passato e il nostro presente.
Il regista di «The Tree of Life» continua a sviluppare le riflessioni del suo cinema recente, tuttavia finisce per ripetersi con una voce narrante più fastidiosa che efficace e un montaggio poco coeso e non sempre coerente.