La dimostrazione che, nella vita (reale e non) c’è sempre una prima volta. A tutte le età. Così, anche un attore navigato e pluristellato, può recitare nel suo primo vero ruolo di “cattivo”, insensibile e ultraviolento, solo dopo aver superato i sessant’anni. Solo dopo aver sconfitto i cattivi veri, come De Niro nel ruolo di Al Capone, per intenderci.
E’ successo a Kevin Costner, che si è divertito a spingere il suo personaggio fino agli estremi: accade nel thriller Criminal diretto dall’israelo-americano Ariel Vromen (prima al festival di Bari il 9 aprile e in sala il 14 aprile): Costner è un ergastolano nel cui cervello viene inserita, tramite un esperimento rivoluzionario creato dallo scienziato interpretato da Tommy Lee Jones, la memoria di un agente della CIA (Ryan Reynolds) torturato e ucciso nel corso di una missione top secret. È così che la CIA spera di rintracciare un hacker di cui l’agente era alla caccia, un criminale che si tema sappia manipolare l’intero arsenale militare degli Stati Uniti. Venticinque anni dopo aver raccontato la storia degli Stati Uniti dalla parte degli indiani (Balla coi lupi suo esordio alla regia che si aggiudicò 7 Oscar), Costner si dà al thriller fantascientifico.
In grande forma come sempre, 61 anni compiuti da poco, Costner è padre di sette figli, di cui tre figli piccoli avuti dal suo secondo matrimonio, con la modella Christine Baumgarten. E quando gli chiedono in che cervello gli piacerebbe penetrare, con un enorme sorriso risponde: “Forse in quello di mia moglie. Cercare di capire cosa e come pensa e perché non riesco mai a fare le cose giuste!”. Poi aggiunge seriamente: “Mi piacerebbe entrare nella testa di Abraham Lincoln e cercare di unificare il nostro paese in un momento così critico. Troppi paesi sono stravolti da guerre civili, noi ci abbiamo messo cento anni a superare la nostra, non ci si può aspettare che paesi dilaniati dalla guerra raggiungano la pace istantaneamente”.