Sono passati trenta anni dal suo arresto e venticinque anni dalla sua morte per cancro. Una malattia che se l’è portato via dopo le pene giudiziare subite ingiustamente e pagate, dunque, con la vita. Il tempo passa ma nessuno dimentica la storia del giornalista Enzo Tortora. Eppure, il cinema non premia questo simbolo di giustizia e di lotta nei confronti delle oppressioni che talvolta un uomo può subire dallo Stato.
Nello specifico, la direzione del Festival di Roma (al via l’8 novembre prossimo) ha bocciato il docufilm “Tortora, una ferita italiana”, diretto dal regista Ambrogio Crespi. La pellicola è stata esclusa dalle sette in concorso alla kermesse e non verrà neanche proiettata fuori concorso.
Aldilà delle riflessioni di natura politica che potrebbero (come non potrebbero) essere calzanti con il documentario e con la sua esclusione dal prestigioso Festival capitolino, vale la pena entrare nel dettagli. Tutte (o quasi) le pellicole ammesse sono prodotte da Rai Cinema, molto vicina alla sezione documentari del festival di Roma. Quasi come se fosse uno sponsor. Nel docufilm sono presenti interviste ad alcuni esponenti di spicco del partito radicale, quali Marco Pannella, Rita Bernardini, Mauro Mellini. Le fiction Rai e i film che fino ad oggi hanno trattato il caso Tortora non contemplavano interventi di questi politici, che mai sono apparsi in video nelle opere cinematografiche riguardanto il caso del giornalista.
Sempre nel documentario è contemplata una importante intervista a Corrado Carnevale, all’epoca primo presidente della prima sezione penale della Cassazione. Carnevale fu poi il protagonista dell’assoluzione in secondo grado e dell’assoluzione dinanzi alla stessa Suprema Corte nel 1987, del presentatore di “Portobello” che divenne presidente del partito radicale.