Un grande ritorno. Un enorme salto in avanti, in una capitale giapponese devastata da scontri tra il governo e i rivoluzionari. La violenza impera, tra bande di motociclisti e ragazzi con la pelle verde.
Sono queste le linee principali che animano “Akira“, il film di Katsuhiro Otomo che torna nelle sale italiane da oggi.
Qualcuno ha già azzardato un paragone tra la pellicola e alcune pietre miliari del cinema quali “Blade Runner” e “Guerre stellari”. L’impatto visivo, le tematiche, l’immaginario di una Tokyo post-atomica, trasportano il film a cavallo tra fantascienza e cyberpunk.
A farla da padrona sono il misticismo e le tematiche socio-politiche affrontate dal capolavoro di Katsuhiro Otomo.
“Capolavoro” perché l’immensa creatività del regista è messa al servizio di una trama coerente. Quello di “Akira”, film uscito nel 1988, è dunque un ritorno gradito.
Costò un miliardo di Yen. Uno sforzo epocale. Vennero utilizzati quasi 330 colori. Il dettaglio venne curato in maniera ossessiva. La colonna sonora, targata Geinoh Yamashiro, divenne memorabile con l’uso di un sound tribale associato a synth aggressivi che accomunarono il compositore giapponese al ‘nostro’ Giorgio Moroder.
Il disegno si fa carne
E poi le tematiche. Come dimenticarle? I supereroi del fumetto, pieni di problemi estranei a volte ai comuni mortali, diventano pellicola. Il disegno si fa carne. La storia è quella di Tetsuo, un uomo qualunque che in seguito a un esperimento diventa una figura speciale.
Il tutto rimbalza in uno scenario futuristico, violento, dove c’è ancora il fascismo e ci sono ancora le rivoluzioni. Dove le bande di giovani fanno guerra allo Stato. Dove la disperazione dilaga e il potere è tutto.
Quanto è lontana la Tokyo del 2019 da quella di oggi? Il futuro immaginato a volte cambia il presente vissuto, per sempre. Come ha fatto “Akira” con il cinema.