Lo scrittore americano Tom Ricks (Ethan Hawke) decide di trasferirsi a Parigi per essere più vicino alla sua figlioletta che vive con la ex-moglie. Rimasto senza un soldo, accetta un lavoro come guardiano notturno al soldo di un malavitoso locale. Chiuso in un ufficio seminterrato, il suo unico compito è quello di tenere sotto controllo un monitor per la videosorveglianza e premere un pulsante quando qualcuno suona ad un portone.
Tom spera che la tranquillità della notte lo aiuti a concentrarsi sul suo nuovo romanzo. Le sue giornate diventano meno monotone quando intraprende una relazione con Margit (Kristin Scott Thomas), una misteriosa ed elegante vedova, che stabilisce alcune regole insindacabili per i loro incontri: lei lo vedrà solo nel suo appartamento nel quinto distretto, alle cinque del pomeriggio, due volte alla settimana e Tom non dovrà fare domande sul suo lavoro ne sulla sua vita passata.
Quando le persone intorno a Tom cominceranno a morire, la sua confusione su cosa sia reale e cosa no aumenterà, sino a che non lo accuseranno di aver ucciso il suo vicino di stanza, così Tom cercherà di usare le sue visite settimanali a casa di Margit come alibi, ma quando la polizia fara accertamenti sulla donna scoprirà un’incredibile verità.
Il regista polacco Pawel Pawlikowski scrive e dirige un adattamento del romanzo Margit di Douglas Kennedy, la sua sofisticata versione è un suggestivo mistery-noir metropolitano dalle inconsuete diramazioni narrative. La trama esplora le divagazioni amorose di uno scrittore straniero in terra straniera, che si perde nei meandri una Parigi che sembra dislocata temporalmente in un subconscio letterario, una sorta di onirico loop che va ripetendosi in una eco che sa di ghost-story, malinconia e percezione alterata.
Pawlikowski punta tutto su un cast vincente, Hawke sembra uno stralunato naufrago che si aggira in cerca di un punto d’appoggio, in questo caso la figlioletta, che lo salvi dal lento declivio della follia, la Scott-Thomas invece miscela con nonchalance fascino da femme fatale a intenti seduttivi quasi materni, sullo sfondo un giallo che si evolve e si dipana senza una meta ben precisa, dotato del tipico fascino di un noir d’altri tempi, collocato però in una dimensione temporale moderna e ben delineata.
The Woman in the Fifth (La femme du Vème) potrebbe confliggere con i gusti di chi ama i gialli convenzionali, dove tutto ha una spiegazione e un epilogo in cui il colpevole viene smascherato, il mistero svelato nel dettaglio e alla vittima di turno resa giustizia, ma il film di Pawlikowski viaggia su binari paralleli e volutamente alternativi, punta al percorso più che alla meta ultima, fruendo di quel fascino un po’ bislacco e malinconico che ogni mistery dovrebbe sfoggiare, in cui ad un passo dai titoli di coda le domande si moltiplicano e le risposte non giungono mai come da copione.
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Note di produzione: Nel cast del film figura anche l’attrice polacca Joanna Kulig (Ania) apparsa di recente nel dramma francese Elles con protagonista Juliette Binoche; il film è una co-produzione Inghilterra, Francia e Polonia; la colonna sonora è del compositore britannico Max de Wardener che per Pawlikowski ha già musicato Last Resort (2000).