The Bourne Legacy, recensione

La fuga e la latitanza dell’agente Jason Bourne (Matt Damon) ha innescato una catena di eventi che mettono in allarme la CIA e i suoi programmi segreti, che includono potenziamento genetico e addestramento di letali agenti utilizzati per importanti missioni sotto copertura.

A monitorare l’esposizione mediatica dell’Operazione Blackbriar e del Progetto Treadstone, entrambi legati a Bourne, viene chiamato Eric Kramer Byer (Edward Norton), un ex-colonnello dell’Aeronautica incaricato di sovrintendere alle operazioni clandestine della CIA.

Byer è convinto che la fuga di notizie e le connessioni che inevitabilmente ne verranno sono un rischio troppo elevato per l’Agenzia, quindi ordina l’eliminazione di tutti gli operativi Outcame, l’ultima frontiera per quanto riguarda il potenziamento genetico e il controllo comportamentale. L’operazione tabula rasa elimina tutti gli agenti operativi tranne uno, Aaron Cross (Jeremy Renner), che sfuggito ad un attacco aereo raggiunge l’abitazione della dottoressa Marta Shearing (Rachel Weisz), una scienziata legata al progetto Outcame appena scampata ad una delle missioni di pulizia collaterali attuate dalla CIA.

Salvata la donna da un altro tentativo di eliminazione, Cross la prende con se e i due braccati dalla CIA intraprenderenno un lungo viaggio che li porterà dall’altra parte del globo in cerca di risposte, ma soprattutto di salvezza.

Jeremy Renner dopo un po’ di rodaggio nel sequel Mission Impossible – Protocollo fantasma, torna a vestire i panni di un operativo della CIA e si cimenta nel suo secondo ruolo da protagonista assoluto dopo The Hurt Locker, con l’intento di riavviare il franchise dell’agente Jason Bourne basato sui romanzi di Robert Ludlum e interpretato nella trilogia originale da Matt Damon

La missione si propone ardua, ma non impossibile con Tony Gilroy sceneggiatore ufficiale della trilogia e regista di Duplicity che prende il timone e forte di un franchise solido. decide di confezionare uno spin-off che purtroppo, nonostante un cast di alto profilo e una regia ispirata convince a metà.

The Bourne Legacy funziona piuttosto bene nella prima parte, la regia di Gilroy è oltremodo dinamica e lo script sfrutta a dovere le connessioni con il materiale originale, dando al film un minimo sindacale di background sui cui porre le fondamenta per quella che è stata pianificata come una nuova potenziale trilogia.

I problemi si presentano quando il film deve camminare da solo, lo script perde colpi e Gilroy  imbastisce una trasferta in quel di Manila in cui preme l’accelleratore sul lato action, che se in alcune sequenze regala corpose dosi di adrenalina, quando si devono tirare le fila cede alla tentazione di allungare il brodo per arrivare in fretta ai titoli di coda, puntando su un inseguimento in moto interminabile, un villain che sembra la versione orientale del T-1000 di Terminator 2 e un finale sfacciatamente aperto, che amplifica i dubbi sull’effettiva riuscita dell’intera operazione.

The Bourne Legacy senza dubbio fruisce di due protagonisti talentuosi, un antagonista di livello (anche se Norton è abbondantemente sottoutilizzato) e una serie di sequenze action di notevole fattura, ma quando si entra nel vivo il film di Gilroy mostra una palese mancanza di materia prima che gli permetta di ambire alla realizzazione di un sequel o addirittura di una trilogia, speriamo di essere smentiti con il secondo capitolo, ma ora come ora il film non ci ha pienamente convinto mostrandosi divertente, ma oltremodo claudicante in fase di sceneggiatura.

Nelle sale a partire dal 7 settembre 2012

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Note di produzione: nel cast figurano anche Oscar Isaac, Scott Glenn, Albert Finney, Joan Allen e David Strathairn; il regista Tony Gilroy ha scritto la sceneggiatura insieme al fratello Dan Gilroy; la colonna sonora è di James Newton Howard (Duplicity, Salt) e include il brano Extreme Ways di Moby presente in tutti i film del franchise; il budget stimato per la produzione è di 125 milioni di dollari a fronte di un incasso worldwide di quasi 160.

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