Siamo nella provincia ferrarese del 1943, l’Italia e l’Europa sono coinvolte nel secondo conflitto mondiale e in uno speduto casolare di campagna vive Pietro (Michael Segal) con la sua famiglia, composta dalla moglie Lucia (Debbie Rochon) e dalla sorella di quest’ultima Alice (Marysia Kay), una ragazza ventiduenne affetta da un ritardo mentale. Durante una giornata di lavoro come tante Alice, impegnata a prendere dell’acqua da un pozzo che serve la fattoria, perderà il secchio e Pietro nel tentativo di recuperarlo causerà una frattura sul fondo del pozzo da cui si sprigionerà una mefitica nuvola di gas che inquinerà l’acqua, ma che in un primo momento sembrerà del tutto innocua. In realtà nella settimana che seguirà a quella fuoriscita tutta la famiglia comincerà a subire degli strani ed inquietanti effetti collaterali, che in un’escalation di orrore e paranoia trasformeranno la vita di Pietro e dei suoi famigliari in un incubo che con il passar del tempo mostrerà la sua sovrannaturale natura maligna.
Il regista Ivan Zuccon è un estimatore ed un grande appassionato dell’universo lovecraftiano e dopo L’altrove e La casa sfuggita si cimenta con una terza opera ispirata all’universo del solitario di Providence, che possiamo considerare il Tolkien della letteratura horror per la complessità e la definizione di un’intera mitologia e la creazione, tra l’altro del celeberrimo Necronomicon, il tomo maledetto noto anche come Libro dei morti.
Zuccon si ispira al racconto del 1927 Il colore venuto dallo spazio che appartiene al cosiddetto Ciclo di Cthulhu, ne sposta l’ambientazione, ma ne mantiene lo scenario d’epoca inserendovi anche riferimenti all’Olocausto e alle leggi razziali. Quello che colpisce da subito, oltre ad una tecnica raffinatissima a cui Zuccon ci ha ormai abituati, è il respiro internazionale della pellicola recitata in inglese e con un cast di attori di alto profilo, il che in un horror è elemento indispensabile onde dare credibilità a ciò che ruota intorno all’incredibile che diventerà inevitabilmente perno della narrazione.
Colour from the dark è un horror a sfondo psicologico e anche se non manca di sequenze forti in cui il gore prende il sopravvento, Zuccon riesce a seguire e a far suo il fil rouge che ha reso i racconti di Lovecraft cosi d’impatto, la follia che nasce da dimensioni parallele che lo scrittore ha saputo descrivere con dettagli impressionanti e creature mai tangibili, che sconfinano nella realtà percepita distorcendone canoni fisici e figliando orrori indicibili.
Il grande schermo ha sempre flirtato con l’universo oscuro partorito dalla mente di Lovecraft, ma solo in pochissime occasioni è riuscito a rendere giustizia, almeno in parte alla complessità della mitologia creata da uno scrittore le cui opere sono ormai di culto, citiamo il Re-Animator della coppia Gordon/Yuzna, l’Evil Dead di Raimi e Il seme della follia di Carpenter, Zuccon e il suo film si inseriscono perfettamente in questa parte di autori ed opere che sono riuscite ad omaggiare con rispetto il lavoro di Lovecraft, rileggendolo con personalità, non cercando ingenuamente di mostrare l’irrapresentabile.
Anche se il budget impone sempre i suoi limiti il nostro consiglio, se non lo si è ancora visionato, è di non perdere questa uscita nelle sale del film che siamo certi non deluderà ne i cultori di Lovecraft ne tantomeno chi cerca un horror italiano di spessore.
Nelle sale del circuito Distribuzione indipendente a partire dal 9 marzo e on demand su Own Air.
Note di produzione: La pellicola ha vinto come Miglior film all’H.P. Lovecraft Film Festival (Portland USA). Il casale usato come location è la stesso utilizzato da Tinto Brass nel 1985 per girare Miranda con Serena Grandi. L’attrice canadese Debbie Rochon (Lucia) ha recitato in svariati film delle Troma.