1982, la paleontologa Kate Lloyd (Mary Elizabeth Winstead) viene reclutata dallo scienziato Dr. Sander Halvorson (Ulrich Thomsen) per entrare in un team scientifico norvegese, che si è imbattuto in una nave spaziale extraterrestre precipitata secoli or sono e sepolta sotto i ghiacci dell’Antartide. Nei pressi della zona dello schianto viene rinvenuto il corpo congelato di una creatura che doveva essere l’occupante dell’astronave. Dopo che l’alieno viene trasportato all’interno di un blocco di ghiaccio alla base per eseguire dei prelievi ordinati dal dottor Sander, contro il parere della dottoressa Lloyd preoccupata per un eventuale rischio di contagio, il co-pilota Derek (Adewale Akinnuoye-Agbaje) assiste al risveglio e alla fuga della creatura. La squadra si dividerà in gruppi per cercare l’alieno e ben presto il team scoprirà una terrificante verità, la creatura con cui hanno a che fare non solo è capace di imitare a livello cellulare qualsiasi forma di vita, ma potrebbe celarsi in chiunque di loro.
Bella gatta da pelare quella che si è trovato per le mani il regista olandese Matthijs van Heijningen Jr., che tra l’altro sta anche lavorando al remake de L’armata delle tenebre, quella di confrontarsi con un ansiogeno classico del maestro John Carpenter optando, come fece prima di lui Rob Zombie con lo slasher Halloween, per un diplomatico ibrido e invece dell’annunciato prequel ci si trova di fronte ad un remake che è più un tributo/omaggio all’originale che una rivisitazione.
Bisogna dire che anche se è meglio avere a che fare con un lavoro come quello di van Heijningen Jr. che a scempi come il recente Nightmare, in questa operazione piuttosto blanda e poco coraggiosa del classico di Carpenter manca del tutto l’elemento ansiogeno, l’escamotage narrativo alla Dieci piccoli indiani di Agatha Christie che Carpenter all’epoca amplificò aggiungendovi l’elemento estraneo, un terrificante e silenzioso contagio alieno, un principio d’invasione che striscia e si insinua nei meandri delle nostre cellule per annetterci geneticamente, un po’ come accadeva nel classico L’invasione degli ultracorpi e in una forma più viscerale e disturbante nell’Alien di Ridley Scott, in quel caso il corpo umano era solo un ospite in cui fecondare un esercito di letali predatori alieni.
Che resta allora di positivo in questo finto-prequel? Semplice il rispetto per l’originale e non ci sembra poco, una serie di effetti speciali di buona fattura che mixano CGI, in alcuni casi usata forse con troppa nonchalance, make-up tradizionale ed animatronica e il lodevole, anche se fallito tentativo di inserire nel cast l’elemento femminile in cerca dell’effetto Ripley, amplificato con l’incursione finale nell’astronave in cui si cita apertamente la saga fanta-horror con protagonista Sigourney Weaver.
La cosa si rivela uno sbrigativo e decisamente inutile divertissement confezionato da quello che appare come un fan del film originale, che però serba in se tutto il timore reverenziale per un oggetto ed un regista di culto, legacci che sembrano costringerlo a sfornarne una sbiadita copia, che comunque inutile negarlo non è priva di momenti riusciti e di un comparto tecnico notevole, senza contare omaggi e citazioni a iosa.
Nelle sale dal 4 maggio 2012
Note di produzione: nel cast figurano anche Joel Edgerton di Warrior e l’Adewale Akinnuoye-Agbaje di Lost. I produttori del film Marc Abraham ed Eric Newman sono gli stessi del remake L’alba dei morti viventi. Tra le fonti d’ispirazione del regista ci sono il racconto breve Chi va là? (Who goes there?) di John W. Campbell da cui è stato tratto il film del ’51 e il videogame-sequel del 2002 The Thing. Il budget del film è di 35 milioni di dollari.