Tutto l’amore del mondo, recensione

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Causa repentina scomparsa del re delle guide turistiche della casa editrice Magic Planet Books, il giovane e talentuoso Matteo Marini (Nicolas Vaporidis) è costretto suo malgrado ad accettare l’incarico di stilare una guida sui luoghi più romantici del Vecchio Continente, a sua disposizone un rimborso spese per un viaggio in Europa, ed un fotografo che lo accompagnerà.

Matteo non è certo un romanticone, anzi dal carattere cinico e disilluso, in parte dovuto ad una figura paterna immatura e latitante, pensa in cuor suo che scrivere la guida sarà più un esercizio di stile che un impegno vero e proprio, così accetta, anche spinto dal compenso che l’aiuterà a gestire alcuni problemi che affligono  l’attività di famiglia, una libreria in procinto di essere sfrattata.

Il problema quindi non sarà la guida in se stessa, anche se Matteo scoprirà che non è un lavoro così semplice quanto possa apparire, ma il cialtronesco fotografo  assegnatogli per il viaggio, Ruben Bastiani (Alessandro Roja). con cui Matteo ha già avuto dei pessimi trascorsi, e due ragazze che il fotografo ha pensato bene di invitare all’insaputa di Matteo, Valentina (Miryam Catania) ragazza di Ruben e Anna (Ana Caterina Moriaru), migliore amica di Valentina, bellissima e diversissima da Matteo, così durante il viaggio i due, pur palesemente attratti l’uno dall’altra, finiranno per far scintille.

Nicolas Vaporidis produce ed interpreta il primo lungometrraggio dell’esordiente Riccardo Grandi, regista, sceneggiatore e designer proveniente dal mondo della pubblicità, e con alle spalle molta gavetta televisiva. Grandi si cimenta con una comedy romance che purtroppo non riesce ad emozionare più di tanto, nonostante abbia dalla sua un’intrigante veste da road-movie.

La caratteristica del film di Grandi, oltre alla pecca della sin troppo prevedibile sceneggiatura, con tutto il repertorio del conflitto amoroso con schermaglie del caso, è nel mettere in luce un’identità ancora tutta da  conquistare per il protagonista Nicolas Vaporidis, senza dubbio un talento vero e genuino, ma che però non riesce ancora a trovare una propria e riconoscibile dimensione, senza dubbio sempre cercata, ma ancora sfuggente, tragitto tortuoso intrapreso ad esempio da uno Scamarcio in via di maturazione, o un Elio Germano invece già provvisto di una vis attoriale tutta personale.

Tutto l’amore del mondo si piazza nel bel mezzo delle ultime produzioni italiane formato romance, tra l’edulcorato mondo adolescenziale formato Moccia, e la generazione di ultratrentenni sull’orlo di una crisi di nervi versione Muccino, gradevole senza dubbio, ma ben lungi dal farsi ricordare oltre i titoli di coda.