La carriera accademica con annessa borsa di studio del dottorando Omar Razaghi (Omar Metwally) e in una certa misura la sua relazione con la fidanzata sono strettamente legate alla stesura di una biografia dedicata a Jules Gund, autore sudamericano morto suicida e le cui memorie e segreti la famiglia vuole assolutamente proteggere negando all’aspirante scrittore il permesso di ufficializzare il suo lavoro.
Nonostante abbia ricevuto una missiva firmata dagli eredi di Gund in cui gli si negava l’autorizzazione a scrivere la biografia, Omar spinto dalla fidanzata e dalla paura di perdere la sua borsa di studio parte dagli States alla volta dell’Uruguay sino alla tenuta dove vivono tutti gli eredi di Gund, l’amante, il fratello e la moglie, con l’intento di fargli cambiare idea e autorizzarlo a scrivere la biografia.
Il regista americano James Ivory, a quattro anni dalla Contessa bianca torna dietro la macchina da presa per adattare un altro romanzo, stavolta del connazionale Peter Cameron, pagine che sembrano scritte appositamente per sfruttare l’impronta visiva elegante e ricca di vezzi di Ivory, che anche in questo caso utilizza il suo fare cinema flemmatico, patinato e denso di reminiscenze capace di affabulare lo spettatore con movimenti di macchina ricercati e un uso teatrale dei dialoghi.
Quella sera dorata non deluderà chi apprezza il cinema classicheggiante e mai parco di raffinatezze visive di Ivory, e il romanzo di Cameron aggiunge un surplus di vigore ai personaggi che transitano sullo schermo, tra questi un Anthony Hopkins impeccabile affiancato da una splendida e intensa Laura Linney, un’attrice capace di miscelare fragilità e melanconia trasformandole in un’arma di seduzione senza pari.
Anche se non siamo certo di fronte ad un film che regala momenti memorabili, Quella sera dorata vive del romanzo e dell’ambientazione che Cameron ha donato alla sua opera, Ivory vi edifica intorno senza fatica alcuna il suo immaginario costruito sequenza dopo sequenza attraverso una filmografia raffinata, a volte leziosa e ridondante, ma sempre pregna di un’impronta tanto riconoscibile quanto adattabile di volta in volta alle opere affrontate.