L’amante, recensione

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Anni ’30, nell’allora Indocina francese (oggi Vietnam) un traghetto che attraversa il fiume Mekong diretto alla città di Saigon, diventa il luogo d’incontro tra una quindicenne (Jen March) con una famiglia allo sbando, un fratello con un grave disagio mentale, un’altro oppiomane e una madre snaturata, ed un ricco uomo cinese trentenne (Tony Leung) che rimarrà folgorato dalla di lei bellezza, tanto da farne la sua amante.

Lei si lascerà amare usandolo per sfuggire ad un’esistenza ormai insopportabile, lui la inizierà ai piaceri del talamo, la storia diventerà ben presto di pubblico dominio, la famiglia della ragazza accamperà prestese e chiederà soldi affinchè la storia possa continuare, il denaro arriverà a corrompere tutto e lentamente ed inesorabilmente i due si allontaneranno.

La separazione arriverà non del tutto inattesa, perchè lui come tradizione vuole verrà costretto dalla famiglia ad un matrimonio combinato con una donna cinese e a lasciare la sua amante bambina, lei satura del mondo in cui è vissuta lascerà l’Indocina per trasferirsi in Francia, dove solo anni dopo, ormai anziana comprenderà che forse quello provato allora era vero amore.

Il regista Jean-Jacques Annaud dopo Il nome della Rosa e L’orso, adatta il romanzo in parte autobiografico L’amant della scrittrice Marguerite Duras, che all’epoca criticò duramente la versione portata sullo schermo dal regista francese, e mette in scena un suggestivo ed elegantissimo esercizio di stile, che troppo accorto nel delineare l’aspetto visivo, si dimentica in parte di parlare allo spettatore.

Fotografia  splendida, location immersive, la March acerba e sensuale, Leung talentuoso e ricco di sfumature, il problema pero’ è proprio nell’emozione che nel film di Annaud latita, soffocata da troppa ricercatezza stilistica che rende l’erotismo patinato e poco viscerale, nonostante l’impegno profuso dai due azzeccati protagonisti.

Dopo L’amante Leung, che aveva lavorato anche nel terzo capitolo della trilogia ideata da John Woo e Tsui Hark A better Tomorrow, tornerà a recitare in produzioni nazionali per riconquistare una visibilità internazionale solo nel 2004  grazie al crime di Johnnie To Election, mentre la March dopo l’exploit a colpi di nudo integrale e scene erotiche nel film di Annaud, non trovando una collocazione accetterà ancora un ruolo softcore, stavolta nel pessimo thriller americano Il colore della notte dove resteranno memorabili solo le sue performance erotiche con l’attore Bruce Willis, dopodichè nuovamente l’oblio.